“L’amicizia non è al di sopra di tutto?”
“Eh no. Niente è al di sopra di tutto. lo poi sono contrario all’amicizia: è una combutta tra pochi, una complicità antisociale.”
Sulla necessità del politicizzare l’amicizia
L’amicizia non ci basta più, nelle forme che ci vengono imposte dalla società borghese. Agli amici preferiamo compagni e compagne con cui vivere bene.
Si deve dare un doppio passaggio affettivo: da un lato destrutturando, scardinando le forme relazionali alienate, normativizzate e mercificate prodotte dalla soggettivazione neoliberale e dalla loro narrazione culturale; dall’altro tessendo relazioni complici e affini: comuniste.
Di base è un processo di politicizzazione relazionale.
E’ tanto facile stabilire una profonda e immediata connessione con chi condivide un ideale, degli intenti, delle forme di rifiuto e di vita, dei desideri e delle voglie totali - quanto è facile disconnettersi dai vecchi amici che non vivono l’amicizia politicamente.
Perché mentre gli amici si raccolgono intorno al vissuto, i compagni si intrecciano -componendolo- al divenire della tua individualità.
Gli amici delegano il mantenimento del rapporto alla narrazione nostalgica dello stesso e alla pianificazione di eventi da vivere insieme (e che comporranno future nostalgie); i compagni si connettono emotivamente al tuo pensiero: infinitamente più interessante e legante del nudo vivere.
Un pensare insieme che al contempo definisce le forme in cui si vive collettivamente e sperimentalmente la gioia della rivoluzione, instaurando una combutta tra molti, una complicità antistatale.